Operazione KEU. Un anno é già passato ma i segnali di cambiamento sono pochi. Quasi nessuno

Soldi Mozzi
Di Soldi Mozzi Aprile 15, 2022 11:34

Operazione KEU. Un anno é già passato ma i segnali di cambiamento sono pochi. Quasi nessuno

Un anno fa il comprensorio veniva scosso dall’avvio dell’inchiesta KEU, una vasta operazione di polizia che coinvolgeva pesantemente l’intera dirigenza allora in carica dell’Associazione Conciatori, la società consortile preposta alla gestione del depuratore Aquarno, rappresentanti politici e dirigenti di alto livello.

Punto nodale dell’indagine era un’azienda privata, la Lerose S.r.l. di Pontedera, sospettata di legami con la ‘Ndrangheta, alla quale per lungo tempo era stato conferito il sottoprodotto finale del processo di depurazione e trattamento dei fanghi, il KEU, un rifiuto speciale pericoloso che, secondo l’accusa, è stato smaltito illegalmente, senza un adeguato trattamento, come sottofondo di strade, piazzali e altro in diversi siti della Toscana.

Nella zona del cuoio, la reazione della maggior parte delle forze politiche e sociali ha oscillato tra gli imbarazzati silenzi e scontate affermazioni di fiducia nell’inchiesta della Magistratura da parte delle forze di maggioranza e i maldestri tentativi di strumentalizzazione politica delle forze di opposizione. Strumentalizzazione che si è guardata bene dal criticare le evidenti responsabilità del fronte imprenditoriale messe a nudo dall’inchiesta.

In quasi nessuna di queste reazioni c’è stata una reale analisi delle criticità emerse, né delle correzioni che è necessario apportare, né una visione del futuro per il settore conciario e il tessuto produttivo del comprensorio.

Assodato che compete alla Magistratura chiarire i diversi profili di responsabilità, mentre proseguono le indagini, è indispensabile una attenta riflessione sui problemi politici che la vicenda ha fatto affiorare, sulle novità emerse o meno in questo anno, sulle profonde correzioni di rotta che restano necessarie.

L’indagine ha corroborato il pericolo di infiltrazioni, anche nel tessuto economico della nostra zona, di organizzazioni malavitose, in particolare la ‘ndrangheta.
Si è così confermato l’allarme che, come Soldi Mozzi, avevamo già lanciato da diversi mesi. Segni evidenti per allarmarsi erano infatti già emersi da altre indagini, dalle confische di beni immobili e dalle interdittive antimafia.

Il pericolo non riguarda più solo i settori considerati finora più a rischio quali il movimento terra e edilizia, lo smaltimento rifiuti, il caporalato, il gioco d’azzardo, la prostituzione. Ormai riguarda anche singole aziende commerciali o manifatturiere, magari in crisi di liquidità, sotto usura, e fenomeni di riciclaggio di denaro sporco, false fatturazioni, evasioni fiscali.

Per questo la nostra associazione ha inviato l’anno scorso un ordine del giorno a tutti i comuni della zona per impegnarli in un’azione più efficace di prevenzione, con interventi e misure quali: il monitoraggio di ogni evento legato alla criminalità organizzata; attività di informazione, formazione e diffusione della cultura della legalità; sportello di ascolto; attuazione dei regolamenti comunali circa la diffusione pubblica puntuale dei redditi degli amministratori pubblici; adozione e puntuale attuazione del codice etico per promuovere la cultura della legalità e della trasparenza negli enti locali (Carta di Avviso Pubblico).

Tutti i comuni, tranne quello di Fucecchio, hanno portato in discussione il documento e lo hanno approvato, anche se, in un paio di casi, con modifiche che ne hanno, più o meno, svuotato il significato.

Ad un anno esatto dalla pubblicazione dell’inchiesta, Soldi Mozzi si pone un paio di domande.

Quali delle misure suggerite nell’ordine del giorno approvato dai Comuni, a distanza di quasi un anno, sono state attuate e implementate?

Gli episodi di infiltrazione mafiosa dimostrano l’inadeguatezza di un sistema dei controlli di tipo formale (certificati, protocolli) ai quali le organizzazioni criminali sono oramai in grado di adeguarsi.

È necessario un potenziamento dei controlli reali, da parte degli organi preposti, con ispezioni e verifiche all’interno delle aziende e dei cantieri. Quali novità sono intervenute al riguardo?

Ci tocca inoltre osservare che, pur se i vertici dell’Associazione Conciatori e il Consiglio di amministrazione del depuratore Aquarno sono stati rinnovati dopo l’esplosione del caso KEU, non si intravedono ulteriori segnali di una reale volontà di cambiamento e rinnovamento delle strategie imprenditoriali.

È ricorrente la tentazione, rispetto a qualsiasi critica, di rinchiudersi a riccio ed accusare chi la rivolge di voler danneggiare il tessuto produttivo della zona.

E così, invece di concentrarsi su un forte rilancio e rafforzamento delle corrette procedure per il disinquinamento e per la difesa dell’ambiente, imprenditori e amministrazioni perdono tempo in dichiarazioni sui media.

Eppure ci si aspetterebbero segnali della volontà di instaurare un rapporto trasparente e di fiducia con tutte le parti interessate.

Quelli minimi dovrebbero prevedere di pubblicare sul sito aziendale di Aquarno le analisi periodiche sui reflui scaricati dai depuratori della zona con raffronto dei parametri richiesti dalla normativa; informare sulle caratteristiche chimico fisiche dei fanghi, la loro classificazione in base alla normativa, il sistema di smaltimento e la destinazione finale; rendere note le deroghe di cui tuttora usufruiscono i depuratori della zona, i relativi provvedimenti autorizzativi, gli interventi in corso, il cronoprogramma e le scadenze entro cui sarà raggiunto il pieno rispetto dei parametri richiesti dalla normativa; informare su investimenti e progetti di ricerca; pubblicare i bilanci della Società.

Come società produttrice dei rifiuti conferiti alla ditta Lerose, inoltre, Aquarno dovrebbe mostrare una disponibilità, qualora fosse accertata una sua responsabilità nella vigilanza sul corretto trattamento e smaltimento finale dei fanghi, a farsi carico degli eventuali costi di bonifica dei siti contaminati dal KEU.

Crediamo che sulle suddette tematiche dovrebbe in particolare impegnarsi la componente pubblica del consiglio di amministrazione di Aquarno. Il confronto tra le amministrazioni pubbliche e le forze imprenditoriali e sindacali, in una zona come la nostra, è un fatto normale e necessario.

Ma l’inchiesta ha rivelato la crisi di un modello di “concertazione” che in assenza di soggetti politici e sindacali forti, finisce per trasformarsi in una accondiscendenza verso le richieste del soggetto più forte, le associazioni degli imprenditori.

Occorre allora riportare le relazioni all’interno di una trasparente dialettica, che non esclude, anzi richiede, momenti di chiaro e aspro confronto.

Ai comuni e alla Regione spetta l’esercizio di una funzione di controllo e programmazione, che deve essere esercitata con forza e autorevolezza, nell’ambito di una chiara distinzione dei ruoli.

La vicenda ha infine dimostrato che lo smaltimento dei fanghi di risulta del processo di depurazione e dei rifiuti conciari costituisce un ricorrente, potenziale elemento di crisi all’interno del processo di disinquinamento del Valdarno inferiore. È uno degli anelli deboli attraverso i quali ditte contigue o colluse con la camorra e la ‘ndrangheta hanno storicamente avuto l’opportunità di infiltrarsi nel tessuto produttivo della nostra zona, senza trovare adeguati anticorpi e difese.

All’indomani della costruzione degli impianti di depurazione centralizzati, il comprensorio ha strategicamente puntato sull’economia circolare, realizzando un sistema integrato di impianti (depuratore, recupero cromo, trattamento fanghi) che permettesse il recupero delle risorse all’interno dello stesso processo conciario e, per una parte residuale, il loro reimpiego in altri settori produttivi.

Strategia giusta e condivisibile ma l’esperienza dimostra la difficoltà a realizzarla all’interno delle pratiche messe in campo.

Occorre allora che l’innovazione all’impiantistica, che a decenni dalla sua introduzione si rende necessaria, sia strettamente connessa a innovazioni di processo che portino all’utilizzo di agenti concianti metal free o comunque a minor impatto ambientale, in modo da rendere possibile il riutilizzo finale dei residui del processo di depurazione.

Su questo terreno è oggi possibile aprire una fase nuova ed è necessario uno sforzo maggiore del mondo imprenditoriale, supportato da aziende, enti e università che operano nel campo della ricerca e dell’applicazione tecnologica al settore produttivo.

Su questi temi, l’Associazione SOLDI MOZZI intende chiamare al confronto le forze sindacali e imprenditoriali, i comitati ambientalisti e le Istituzioni, in un’ASSEMLEA PUBBLICA  da tenersi entro la fine del prossimo mese di Maggio.
Soldi Mozzi
Di Soldi Mozzi Aprile 15, 2022 11:34

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